La tecnica della xilografia

Inventata in Cina, la tecnica della xilografia (ovvero dello «scrivere sul legno», da xilo e grafia) è un procedimento di stampa manuale che prevede l’impressione di un’immagine su carta ricavata dall’inchiostro depositato sulla parte in rilievo di una matrice incisa, o meglio intagliata, di legno.

La tecnica è impiegata in Europa dal Trecento, prima per la stampa d’immagini sacre e carte da gioco, poi per accompagnare le parole dei testi, illustrandoli. Il più antico esemplare di libro a stampa xilografica, o tabellare (in cui sia il testo, sia le illustrazioni erano incise a mano) è la Biblia Pauperum (letteralmente Bibbia dei poveri), una tipologia di libro illustrato contenente testi e immagini medievali del Nuovo e Vecchio Testamento, stampata a Nördlingen, nella Baviera, da F. Waltern, nel 1470.

 Nel Cinquecento la xilografia diventa una tecnica per illustrare i primi libri a stampa ma, con il tempo, è soppiantata dalla concorrenza dell’incisione a bulino, non riuscendo ad arrivare alla finezza del segno sul rame.

Nell’Ottocento la xilografia conosce un nuovo periodo di grande utilizzo, grazie all’introduzione della cosiddetta xilografia di testa (o nuova xilografia) che prevedeva l’impiego di legni molto duri, come il bosso, intagliati in senso perpendicolare alla fibra, senza seguire la venatura come avveniva per la xilografia di filo. Questa innovazione consente un’incisione più sottile, grazie alla durezza del legno, in grado di competere con le tecniche a incavo, o calcografiche e, al contempo, permette di realizzare tirature molto più elevate, nell’ordine delle diverse migliaia di esemplari.

Nel Novecento, non a caso, è ampiamente utilizzata dagli ambienti d’avanguardia, in particolare dall’espressionismo, dal gruppo di artisti denominato Die Brücke, Il Ponte (1905-1913), all’origine dell’espressionismo tedesco.

In Italia, dal 1903, nel campo dell’illustrazione, abbiamo l’iniziativa di Attilio Vallecchi (1880-1946) con la rivista letteraria «Il Leonardo», per conto di Papini e Prezzolini, che mediante importanti progetti editoriali, cui collabora il celebre pittore e illustratore Adolfo De Carolis (1874-1928), recupera e avvia la promozione di questa tecnica grafica.

Altre riviste come «Novissima», «Hermes» e «L’Eroica», quest’ultima, dedicata alla xilografia, (organizza anche l’appassionante impresa espositiva della prima Mostra internazionale di xilografia di Levanto ,1912), contribuiscono alla sua affermazione.

 Nel contempo, dato il fiorente mercato dell’epoca di oggetti artistici e prodotti a stampa, corsi professionali avevano avviato le nuove generazioni anche all’intaglio, come avviene con la scuola fiorentina di Santa Croce (1878-1923), dentro il complesso francescano, poi trasferita a Porta Romana.

Il pieno utilizzo della nuova xilografia, in campo editoriale, si ha dal 1840 circa fino al primo Novecento. In epoche più recenti, come materiale base per l’incisione xilografica, si è usato il linoleum (linoleografie) e anche un materiale ancora più tenero, l’adigraf.

Pietro Parigi (Settimello 1892 – Firenze 1990)

già allievo della Scuola di Santa Croce tra il 1907 e il 1911, in cui studia da scultore, grazie a questa tecnica, mette in scena per la rivista mensile «La critica musicale» (1918-1923) lo stretto legame tra musica e arti visive (in una «vibrante sinteticità»), preferendo al gusto decorativo del tempo una maggiore aderenza ai contenuti.

Sono proprio queste coinvolgenti immagini a decretare la fortuna dell’artista, e a indurlo a collaborare, come illustratore xilografo, con diverse prestigiose case editrici del nostro Novecento letterario, come Formiggini, Bemporad, Vallecchi, Libreria Editrice Fiorentina e con importanti riviste come «Solaria», «Il Frontespizio», con uno stile che si caratterizza per l’uso dei segni ridotti al minimo, un ricercato equilibrio tra chiaro e scuro e una particolare attenzione al popolare (per un personale bisogno di condividerne l’essenza), in una costante ricerca di armonia tra Forma e Spirito.

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